Queste sono le bellissime riflessioni di Elise Brenner una Master Reiki di Auburndale (Massachusetts USA).
"Come molti praticanti Reiki ho scoperto quanto il Reiki veicoli lezioni di vita importanti e durature. Quello che non mi aspettavo è che avrei imparato queste lezioni in una casa di cura. Prima
di diventare volontario Reiki in un ospedale avevo familiarità con le case di cura e non avrei mai immaginato di passare così tanto tempo in una di queste come volontaria. Tuttavia,
quando si è presentata l'occasione di fare volontariato Reiki in un Hospice, mi è
sembrata la cosa più naturale del mondo. Fin dal primo momento che sono entrata nel reparto indossando il mio badge
ufficiale di volontaria, l'atmosfera, gli odori ed i suoni che potevano addolorarmi ed affliggermi sono stati neutralizzati e bilanciati dalla
mia fiducia nell'energia riscaldante del Reiki........
La lezione 1: Il privilegio di non dover pensare ai risultati
Un giorno, entrando nella stanza di Agnes, una paziente con demenza, l'ho trovata impegnata in una sorta di battaglia con un'operatrice sanitaria. Quest'ultima era determinata a finire di vestire Agnes, mentre lei era altrettanto determinata a non farlo. Agnes si lamentava e l'operatrice ha continuato a perseguire il proprio obiettivo nonostante le continue proteste. Alla fine Agnes era vestita. Quando tutto è finito entrambe erano infelici. Commentai che i capelli di Agnes erano lunghi mentre cominciai a spazzolarli. Inaspettatamente, l'operatrice mi disse che il parrucchiere aveva cercato di tagliarli due volte, ma Agnes aveva cercato di morderlo e così che i capelli di Agnes erano rimasti tali e quali. Ho portato Agnes sulla sua sedia a rotelle in un posto tranquillo per iniziare il trattamento Reiki. Agnes si calmò rispetto all'agitazione precedente ma non prima di aver fatto alcuni commenti mordenti sulla sua lotta per non vestirsi. Mentre ci godevamo l'energia del Reiki che scorreva, pensavo...... A differenza dell'operatrice sanitaria e del parrucchiere, sentivo di avere il privilegio di non essere legata all'esito delle mie interazioni con Agnes. E' stata una considerazione sia liberatoria ma anche umiliante. Come molte persone sono stata educata a credere che se uno decide un'azione essa porterà ad un risultato chiaramente definito. È stato così per gran parte della mia vita. Ero, credo, pienamente occupata a controllare ogni passo lungo il viaggio della vita. Se il controllo scivolava via, adottavo semplicemente adeguate contromisure per riconquistarlo. Il Reiki mi ha insegnato che, mentre un tale atteggiamento nella vita può avere il suo vantaggio, è anche vero che in molte circostanze risulta errato. Poiché Reiki ha la sua intelligenza e il corpo del destinatario anche, la mia intelligenza e azione non hanno alcun effetto su come il Reiki funzionerà sul destinatario. Sarebbe perciò piuttosto sciocco essere saldamente attaccata ad un determinato risultato, poiché non controllo l'esito. Che rivelazione! Potrebbe essere possibile, ho pensato, che accettare questa mancanza di controllo nel contesto del Reiki è una lezione nell'accettare tale mancanza anche nelle arene più grandi della vita? L'abbandono del ruolo di controllore è stata un'esperienza tutta in salita per me. Poiché questa è una lezione di vita, so che sarà un processo che si svilupperà per sempre. Continuo a lavorare per riconoscere situazioni che veramente richiedono che io prenda il controllo (per esempio, la sicurezza immediata) e le circostanze che richiedono invece una reazione opposta di ricettività e accettazione.
Un giorno, entrando nella stanza di Agnes, una paziente con demenza, l'ho trovata impegnata in una sorta di battaglia con un'operatrice sanitaria. Quest'ultima era determinata a finire di vestire Agnes, mentre lei era altrettanto determinata a non farlo. Agnes si lamentava e l'operatrice ha continuato a perseguire il proprio obiettivo nonostante le continue proteste. Alla fine Agnes era vestita. Quando tutto è finito entrambe erano infelici. Commentai che i capelli di Agnes erano lunghi mentre cominciai a spazzolarli. Inaspettatamente, l'operatrice mi disse che il parrucchiere aveva cercato di tagliarli due volte, ma Agnes aveva cercato di morderlo e così che i capelli di Agnes erano rimasti tali e quali. Ho portato Agnes sulla sua sedia a rotelle in un posto tranquillo per iniziare il trattamento Reiki. Agnes si calmò rispetto all'agitazione precedente ma non prima di aver fatto alcuni commenti mordenti sulla sua lotta per non vestirsi. Mentre ci godevamo l'energia del Reiki che scorreva, pensavo...... A differenza dell'operatrice sanitaria e del parrucchiere, sentivo di avere il privilegio di non essere legata all'esito delle mie interazioni con Agnes. E' stata una considerazione sia liberatoria ma anche umiliante. Come molte persone sono stata educata a credere che se uno decide un'azione essa porterà ad un risultato chiaramente definito. È stato così per gran parte della mia vita. Ero, credo, pienamente occupata a controllare ogni passo lungo il viaggio della vita. Se il controllo scivolava via, adottavo semplicemente adeguate contromisure per riconquistarlo. Il Reiki mi ha insegnato che, mentre un tale atteggiamento nella vita può avere il suo vantaggio, è anche vero che in molte circostanze risulta errato. Poiché Reiki ha la sua intelligenza e il corpo del destinatario anche, la mia intelligenza e azione non hanno alcun effetto su come il Reiki funzionerà sul destinatario. Sarebbe perciò piuttosto sciocco essere saldamente attaccata ad un determinato risultato, poiché non controllo l'esito. Che rivelazione! Potrebbe essere possibile, ho pensato, che accettare questa mancanza di controllo nel contesto del Reiki è una lezione nell'accettare tale mancanza anche nelle arene più grandi della vita? L'abbandono del ruolo di controllore è stata un'esperienza tutta in salita per me. Poiché questa è una lezione di vita, so che sarà un processo che si svilupperà per sempre. Continuo a lavorare per riconoscere situazioni che veramente richiedono che io prenda il controllo (per esempio, la sicurezza immediata) e le circostanze che richiedono invece una reazione opposta di ricettività e accettazione.
Lezione 2: Accettazione
"Non so perché sono vissuta così a lungo. Nessun altro nella mia famiglia ha vissuto così tanto ... uh-uh. Cosa puoi fare?" Ho ascoltato Clara dire queste parole molte volte durante ogni incontro Reiki per diversi mesi. Essere con Clara e darle il suo Reiki è stato un onore per me. A volte si dormentava durante le mie visite, mentre in altre occasioni era abbastanza in vena di chiacchiere e ridevamo anche insieme. Ma sono sempre quelle parole che ricordo. In un primo momento consideravo quel "cosa puoi fare" una sorta di lamento, una riflessione sul suo dolore. Nello stesso tempo però non percepivo alcuna agitazione o angoscia mentre pronunciava quella domanda. Quando ho cominciato a conoscere meglio Clara meglio ed il lavoro interiore che stava facendo, sono arrivata ad una conclusione diversa rispetto al senso di quella domanda "Cosa puoi fare?". Clara non si stava lamentando per il fatto di non poter fare nulla. Piuttosto stava dichiarando la realtà che per essere veramente in pace alcune cose devono essere semplicemente accettate. La maggior parte di noi non è molto brava in questo compito. Forse Clara ha impiegato tutta la sua vita per raggiungere questo stato della mente. Dopo averlo fatto, mi sembrava che questo le desse molta tranquillità nell'aspettare la fine dei suoi giorni. L'esperienza con Clara mi ha insegnato anche un altro aspetto dell'accettazione. Sono arrivata nella vita di Clara come una completa sconosciuta. Le avevo detto che avrei fatto Reiki con lei e che il Reiki l'avrebbe aiutata a sentirsi meglio ed a rilassarsi. Con solo quella breve spiegazione, Clara mi ha permesso di mettere le mani sul suo corpo. Ha accettato tutte le posizioni che avrei potuto usare, vista la sua condizione di allettata in ospedale. Non mi ha fatto domande nè si è lamentata per la mia presenza. A volte abbiamo parlato, a volte non lo abbiamo fatto. Un giorno, dopo tre mesi di visite settimanali, non era sicura di sapere chi ero. Le ho detto ricordato che ero Elise, quella che faceva Reiki con lei. Infine, i suoi occhi s'illuminarono e disse: "Oh sì, tu sei la signora che viene a darmi lo spirito". Quali lezioni di vita ho appreso dalla capacità di Clara di accettare la realtà? È facile: quelle dell'umiltà e della pazienza. L'umiltà, per me, comportava il rispetto e non avevo trascorso la mia vita a dare rispetto automatico a tutti quelli che incontravo. Il rispetto, pensavo, era qualcosa che andava guadagnato. Non la penso più così. Fare Reiki in una casa di cura per pazienti affetti da demenza mi ha insegnato a rispettare tutti, così semplicemente. Molti di loro non sono in grado di guadagnarselo. E perchè dovrebbero? Essi meritano il mio rispetto semplicemente perchè esistono, come tutti gli altri. La pazienza - la capacità di mantenere la calma in certe circostanze - non è mai stata una mia dote. Dare Reiki nella casa di cura mi ha insegnato ad essere paziente. Non c'è spazio per l'impazienza, la velocità o la frustrazione quando si fa Reiki.
"Non so perché sono vissuta così a lungo. Nessun altro nella mia famiglia ha vissuto così tanto ... uh-uh. Cosa puoi fare?" Ho ascoltato Clara dire queste parole molte volte durante ogni incontro Reiki per diversi mesi. Essere con Clara e darle il suo Reiki è stato un onore per me. A volte si dormentava durante le mie visite, mentre in altre occasioni era abbastanza in vena di chiacchiere e ridevamo anche insieme. Ma sono sempre quelle parole che ricordo. In un primo momento consideravo quel "cosa puoi fare" una sorta di lamento, una riflessione sul suo dolore. Nello stesso tempo però non percepivo alcuna agitazione o angoscia mentre pronunciava quella domanda. Quando ho cominciato a conoscere meglio Clara meglio ed il lavoro interiore che stava facendo, sono arrivata ad una conclusione diversa rispetto al senso di quella domanda "Cosa puoi fare?". Clara non si stava lamentando per il fatto di non poter fare nulla. Piuttosto stava dichiarando la realtà che per essere veramente in pace alcune cose devono essere semplicemente accettate. La maggior parte di noi non è molto brava in questo compito. Forse Clara ha impiegato tutta la sua vita per raggiungere questo stato della mente. Dopo averlo fatto, mi sembrava che questo le desse molta tranquillità nell'aspettare la fine dei suoi giorni. L'esperienza con Clara mi ha insegnato anche un altro aspetto dell'accettazione. Sono arrivata nella vita di Clara come una completa sconosciuta. Le avevo detto che avrei fatto Reiki con lei e che il Reiki l'avrebbe aiutata a sentirsi meglio ed a rilassarsi. Con solo quella breve spiegazione, Clara mi ha permesso di mettere le mani sul suo corpo. Ha accettato tutte le posizioni che avrei potuto usare, vista la sua condizione di allettata in ospedale. Non mi ha fatto domande nè si è lamentata per la mia presenza. A volte abbiamo parlato, a volte non lo abbiamo fatto. Un giorno, dopo tre mesi di visite settimanali, non era sicura di sapere chi ero. Le ho detto ricordato che ero Elise, quella che faceva Reiki con lei. Infine, i suoi occhi s'illuminarono e disse: "Oh sì, tu sei la signora che viene a darmi lo spirito". Quali lezioni di vita ho appreso dalla capacità di Clara di accettare la realtà? È facile: quelle dell'umiltà e della pazienza. L'umiltà, per me, comportava il rispetto e non avevo trascorso la mia vita a dare rispetto automatico a tutti quelli che incontravo. Il rispetto, pensavo, era qualcosa che andava guadagnato. Non la penso più così. Fare Reiki in una casa di cura per pazienti affetti da demenza mi ha insegnato a rispettare tutti, così semplicemente. Molti di loro non sono in grado di guadagnarselo. E perchè dovrebbero? Essi meritano il mio rispetto semplicemente perchè esistono, come tutti gli altri. La pazienza - la capacità di mantenere la calma in certe circostanze - non è mai stata una mia dote. Dare Reiki nella casa di cura mi ha insegnato ad essere paziente. Non c'è spazio per l'impazienza, la velocità o la frustrazione quando si fa Reiki.
Lezione 3: Il silenzio non può farti del male
Allora, Jay, sento che tu sei un grande appassionato dei Red Sox!" Nessuna risposta. "Oh, vedo che la tua famiglia ha messo insieme questo bell'album fotografico. Diamo un'occhiata" Nessuna risposta." Allora, Jay, come è stata la colazione oggi?" Nessuna risposta. La capacità di udito e di comprensione di Jay sono soddisfacenti. Anche la capacità di parlare è ok. Jay sta scegliendo il silenzio. In una struttura ospedaliera ci si sente spesso spinti a chiacchierare con pazienti che spesso sembrano annoiati, soli o bisognosi di compagnia e stimolazione. Di fronet al silenzio di Jay però mi sentivo come una corteggiatrice impotente. Ho pensato che qualcuno potrebbe scegliere il silenzio. Il suo non era un silenzio nato da rabbia, odio o dispiacere. Era semplicemente silenzio, tranquillità. Una volta che ho accettato che il silenzio e la quiete di Jay erano profondamente basati su di lui, le nostre sessioni di Reiki divennero silenziose. Ho trovato il silenzio confortante. Forse anche a Jay fece bene, poiché in poche settimane se ne andò. Sento il suo silenzio incarnato nelle parole di Gandhi: "In un atteggiamento di silenzio l’anima trova il percorso in una luce più chiara, e ciò che è sfuggente e ingannevole si risolve in un cristallo di chiarezza". Questa esperienza mi ha insegnato a fare Reiki in silenzio abbracciandolo e non temendolo. Come ha detto Madre Teresa, "abbiamo bisogno di silenzio per poter toccare le anime". Ecco perchè la maggior parte dei trattamenti Reiki vengono fatti in silenzio, per ascoltare e sentire l'energia nelle nostre mani e ascoltare il corpo del destinatario. E' un silenzio curativo durante il quale ascoltiamo e impariamo.
Allora, Jay, sento che tu sei un grande appassionato dei Red Sox!" Nessuna risposta. "Oh, vedo che la tua famiglia ha messo insieme questo bell'album fotografico. Diamo un'occhiata" Nessuna risposta." Allora, Jay, come è stata la colazione oggi?" Nessuna risposta. La capacità di udito e di comprensione di Jay sono soddisfacenti. Anche la capacità di parlare è ok. Jay sta scegliendo il silenzio. In una struttura ospedaliera ci si sente spesso spinti a chiacchierare con pazienti che spesso sembrano annoiati, soli o bisognosi di compagnia e stimolazione. Di fronet al silenzio di Jay però mi sentivo come una corteggiatrice impotente. Ho pensato che qualcuno potrebbe scegliere il silenzio. Il suo non era un silenzio nato da rabbia, odio o dispiacere. Era semplicemente silenzio, tranquillità. Una volta che ho accettato che il silenzio e la quiete di Jay erano profondamente basati su di lui, le nostre sessioni di Reiki divennero silenziose. Ho trovato il silenzio confortante. Forse anche a Jay fece bene, poiché in poche settimane se ne andò. Sento il suo silenzio incarnato nelle parole di Gandhi: "In un atteggiamento di silenzio l’anima trova il percorso in una luce più chiara, e ciò che è sfuggente e ingannevole si risolve in un cristallo di chiarezza". Questa esperienza mi ha insegnato a fare Reiki in silenzio abbracciandolo e non temendolo. Come ha detto Madre Teresa, "abbiamo bisogno di silenzio per poter toccare le anime". Ecco perchè la maggior parte dei trattamenti Reiki vengono fatti in silenzio, per ascoltare e sentire l'energia nelle nostre mani e ascoltare il corpo del destinatario. E' un silenzio curativo durante il quale ascoltiamo e impariamo.
Lezione 4: Lasciare andare
A poco a poco Clara stava spostando la sua attenzione in un luogo sempre più interno. Era notevolmente evidente settimana dopo settimana. La sua relazione con il mondo esterno e coloro che la circondavano scivolava via mentre si rivolgeva sempre più verso il mondo non materiale. Mi ero sempre più legata a Clara nei nove mesi nei quali avevamo praticato Reiki. E' stato quindi per me un grande shock visitare Clara un martedì e vedere un cambiamento più drastico del solito nel suo comportamento. Quando cominciai a mettere le mani su di lei per fare Reiki, Clara cominciò a parlare ad alta voce: "Mamma". Era doloroso sentirla. Sentivo che Clara se ne stava andando. Condivisi la mia sensazione che Clara fosse alla fine con un'operatrice sanitaria. Avevo paura che nessuno mi avvisasse visto che tra qualche giorno ci sarebbe stato un cambiamento nello staff dei volontari. L'operatrice mi rassicurò, era certa che la morte di Clara non fosse imminente. La mia sensazione era invece che quella sarebbe stata la mia ultima visita a Clara. Ho usato il simbolo del Reiki mentale ed ho augurato a Clara i miei auguri per la sua serenità e tranquillità. Quel giorno lasciai Clara con una profonda tristezza. Quando sono tornata a casa ho contattato il mio nuovo supervisore e ho trasmesso la mia sensazione che Clara probabilmente stava per morire. La mattina successiva ho ricevuto un'email dal mio supervisore che effettivamente Clara era morta. Il mio dolore si è intensificato quando ho appreso che il funerale sarebbe stato privato. Sembrava proprio che non avrei avuto modo di salutarla. Ho vissuto con questa tristezza per alcune settimane finché mi è capitato di avere un incontro con il mio insegnante di Reiki e sono stata in grado di esprimerla.
A poco a poco Clara stava spostando la sua attenzione in un luogo sempre più interno. Era notevolmente evidente settimana dopo settimana. La sua relazione con il mondo esterno e coloro che la circondavano scivolava via mentre si rivolgeva sempre più verso il mondo non materiale. Mi ero sempre più legata a Clara nei nove mesi nei quali avevamo praticato Reiki. E' stato quindi per me un grande shock visitare Clara un martedì e vedere un cambiamento più drastico del solito nel suo comportamento. Quando cominciai a mettere le mani su di lei per fare Reiki, Clara cominciò a parlare ad alta voce: "Mamma". Era doloroso sentirla. Sentivo che Clara se ne stava andando. Condivisi la mia sensazione che Clara fosse alla fine con un'operatrice sanitaria. Avevo paura che nessuno mi avvisasse visto che tra qualche giorno ci sarebbe stato un cambiamento nello staff dei volontari. L'operatrice mi rassicurò, era certa che la morte di Clara non fosse imminente. La mia sensazione era invece che quella sarebbe stata la mia ultima visita a Clara. Ho usato il simbolo del Reiki mentale ed ho augurato a Clara i miei auguri per la sua serenità e tranquillità. Quel giorno lasciai Clara con una profonda tristezza. Quando sono tornata a casa ho contattato il mio nuovo supervisore e ho trasmesso la mia sensazione che Clara probabilmente stava per morire. La mattina successiva ho ricevuto un'email dal mio supervisore che effettivamente Clara era morta. Il mio dolore si è intensificato quando ho appreso che il funerale sarebbe stato privato. Sembrava proprio che non avrei avuto modo di salutarla. Ho vissuto con questa tristezza per alcune settimane finché mi è capitato di avere un incontro con il mio insegnante di Reiki e sono stata in grado di esprimerla.
Fonte: www.spiritofchange.org